Quasi sempre il titolo di un libro esprime in maniera essenziale l’anima del contenuto e provoca un’accattivante curiosità. Scegliendo “Spatriati” Mario Desiati, vincitore Premio Strega 2022, lo fa perfettamente.
Mutuato dal dialetto di Martina Franca, città natale dell’autore, il termine “spatriètƏ” si riferisce sia a chi emigra sia a chi non trova una sua collocazione, a chi è percepito come disorientato, inadeguato, sbagliato, mancato, incompleto.
Questa pluralità di significati dà corpo all’intera vicenda di Francesco e Claudia e alla storia di radici e sradicamenti che s’innesta a partire da loro.
Francesco Veleno, l’io narrante del racconto, incontra Claudia Fanelli per la prima volta nell’atrio della scuola: capelli rossi, pelle lunare, naso pronunciato “aveva l’aria di essere piovuta lì da un altro mondo, più evoluto e illuminato”. Non si lasceranno mai più.
Inizialmente ad unirli sarà la relazione extra-coniugale tra la madre di lui e il padre di lei. Il loro sarà un legame speciale: dargli un nome significherebbe costringerlo a restare nel perimetro di una categoria; definirlo amicizia è bello e potente ma riduttivo al contempo. Di sicuro il legame è l’intreccio di due caratteri complementari: lui schivo, incerto e ancorato al paese; lei intraprendente, ribelle, curiosa, anticonformista, con addosso la voglia di andare via. Claudia parte e cerca sé altrove. Francesco resta e si ostina a cercare se stesso lì dove vive. Insieme condividono fragilità e incertezze: “due solitudini perfette, due nomadi” che camminano esistenzialmente uno accanto all’altra, si incrociano e ritrovano in un andirivieni costante che rende bene l’idea di quell’ essere “spatriati”.
La distanza geografica che spesso li separerà, (Claudia andrà a Londra, Milano, Berlino), verrà colmata da una vicinanza fatta di lunghe telefonate in cui Francesco e Claudia si dicono tutto tra mille sottintesi. Spesso, a far da ponte tra loro due ci sarà la condivisione di letture, poesia, narrativa. Claudia divora libri per capire “che qualcuno ci è già passato”. Francesco leggerà ciò che lei cita e propone per seguire Claudia “l’unica patria che sapeva riconoscermi” in tutto e per tutto.
“Mi chiese se stessi leggendo, mi consigliò Camere separate di Tondelli. Aprì il telefono e mi mostrò la foto di una pagina, poi la lesse: – «Io volevo tutto, ma mi sono sempre dovuto accontentare di qualcosa». Le risposi che quella frase era geniale, ci riguardava, anche se un velo di tristezza s’era impossessato di me.”
Nato in un paese di provincia, il loro rapporto crescerà proprio nella lontananza, si rafforzerà nella reciproca costante ricerca di sé e maturerà nella consapevolezza che è possibile andare oltre le convenzioni sociali, le proprie paure, le proprie radici con le quali tornare a fare i conti perché ci rimangono addosso proprio come “una voglia gigante sulla pelle”.
Francesco raggiungerà Claudia a Berlino una città presentata come il regno dove è possibile esprimersi liberamente anche attraverso estremismi che affrancano ogni tipo di desiderio. Nella capitale tedesca, lontani da Martina Franca, i due protagonisti si ritrovano: Claudia è una persona integrata¸ ha un lavoro, parla bene il tedesco. Francesco è uno straniero, un po’ smarrito ma, finalmente, libero e liberato. I due sperimenteranno una relazione intima nuova e vivranno parallelamente due storie d’amore importanti.
Scena finale del romanzo è nuovamente la campagna pugliese dove Francesco tornerà per occuparsi di un giovanissimo uliveto piantando, contro il parere di tutti, le antiche ogliarole che non daranno frutti prima di vent’anni. “E’ folle piantare degli alberi che faranno frutto quando io sarò vecchio. O forse la pazienza è solo una forma di umanità, quella dei mie antenati quando piantarono le ogliarole tra lo Ionio e l’Adriatico.”
Claudia tornerà a trovarlo. E’ legame indissolubile quello che li tiene insieme. In un mondo segreto tutto loro, inaccessibile agli altri restano a leggere poesie: “cantiamo canzoni e recitiamo versi più vecchi di noi, siamo fuori dal tempo e abbiamo l’illusione di essere salvi”.
Complesso e profondo, Spatriati è un romanzo di formazione che tocca molti temi attuali e fornisce una fotografia piena di significati e luoghi “opposti”, ricco di elementi di contrappunto. I personaggi spesso antitetici rendono giustizia al titolo ma anche all’incipit leopardiano con cui Desiati sceglie di aprire il libro “…mai contento, mai nel mio centro”. Perennemente incompleti questi Spatriati cercano di conquistare spazi di libertà, senza mai sciogliere completamente il legame con i luoghi d’origine dai quali «non si può andar via senza graffi».
Nella descrizione del testo, la narrazione di Desiati non si limita a costruire semplicemente scene, né a descrivere accadimenti. La sua scrittura chiara e fluida, insieme ad un ritmo narrativo lento ma mai monotono capace di infondergli particolare bellezza, accompagna il lettore sulle strade dove il racconto di snoda tra Martina Franca, Milano, Berlino. Originalissima la modalità con cui Desiati si congeda. La cura usata per la scrittura emerge pienamente anche nel dono fatto al lettore attraverso “Note dallo scrittoio o stanza degli spiriti”, una sorta di mappa della sua scrittura con grande senso di gratitudine per gli scrittori della sua terra senza dei quali – afferma -il suo immaginario non esisterebbe.
La recensione è completa, aiuta ad entrare nello spirito del libro e conseguentemente invita alla lettura
Grazie Luigi!
Romanzo splendido: poeticissimo, metaforico, dolcemente cinico nel farci conoscere come vive la “meglio Gioventù” di questi decenni, di almeno due generazioni, tanto diversa dalla nostra. Una denuncia, mai retorica ed ideologica, alla Desiati, ma potente nella sua empatia profonda con il Diverso, della società che delimita, giudica, rende infelici. Mario Desiati é una voce sinceramente solidale con l’Uomo, impegnata, rivoluzionaria, che seguiamo con amministrazione grande e tanto piacere dai tempi di ” Neppure quando é notte”. Il Suo Veleno ci ha stregato da allora…
Grazie Lucia per la tua prospettiva…
Grazie per questa recensione. Mi ha fatto venir voglia di rileggere il libro di Desiati. L’ho letto velocemente, bisognosa di arrivare fino in fondo, quasi alla ricerca di un suggerimento, una soluzione alla mia inquietudine di “spatriata”. Una spatriata che però è rimasta. E, in fondo, è solo curando le proprie radici, anche quelle dolorose, che si trova l’equilibrio.
Grazie Daniela 💘